Francesco Caruso
Francesco Caruso, fresco deputato rifondarolo dal lungo corso extraparlamentare, ha spiegato il suo voto favorevole all’indulto con il concetto di «scambio di prigionieri» fra «migliaia di poveri Cristi chiusi nelle celle per un niente» ed uno «sparutissimo gruppo di criminali in giacca e cravatta» legati a Forza Italia. Non siamo in grado di quantificare dal punto di vista scientifico il «niente» di cui dice il deputato belligerante a tempo pieno. Se la memoria non c’inganna, in quel «niente» rientrerebbe pure qualche caso di omicidio. Per la precisione sui giornali tra l’altro si è parlato di un signore che uccise entrambi i genitori, di un altro che fece fuori cinque donne, di una giovane che massacrò mamma e fratellino. La santa battaglia di Caruso a favore dei derelitti (che veramente esistono e non sono una sua invenzione di comodo), in questo caso è diretta più contro la logica che contro la Politica in genere. Che lui considera responsabile di tutti i mali sociali.
Caruso ha una di quelle facce simpatiche che avrebbero fatto liete le vecchie zie d’un tempo, sempre pronte a giustificare il male commesso dai loro nipoti in virtù d’una attenuante: sono inesperti del mondo. Ma oggi non esistono più le vecchie zie, e soprattutto pretendiamo che anche i giovani parlamentari come Caruso conoscano la differenza fra una guerra (in cui è importante lo «scambio di prigionieri») e lo Stato di Diritto in cui il primato della Legge (con tanto di iniziale maiuscola come nelle lapidi dei tribunali) non permette di considerare una condanna come la cattura d’un combattente da parte d’un esercito avversario. Se l’on. Caruso è legato a questa idea, forse ha sbagliato indirizzo entrando a Montecitorio. Anche se la sua frase è semplicemente frutto di un’esagerazione ideata al solo scopo di esprimere un sentimento di vicinanza a tanti derelitti, Caruso dovrebbe essere invitato a darsi una calmata. Purtroppo non sappiamo da chi. (Il presidente della Camera è del suo stesso partito.) Come capo storico dei «disobbedienti» italiani, Caruso si trova nell’imbarazzante posizione di legiferare, ovvero di imporre delle norme che lui stesso dovrebbe rifiutare per principio come ribelle in ferma permanente. Anche la disobbedienza può essere in tanti casi una virtù. Se diventa vizio, neppure le vecchie zie riuscirebbero a cancellarlo. La Giustizia dev’essere rapida per essere giusta, ma a troppi fa comodo così come è oggi.
Caruso ha una di quelle facce simpatiche che avrebbero fatto liete le vecchie zie d’un tempo, sempre pronte a giustificare il male commesso dai loro nipoti in virtù d’una attenuante: sono inesperti del mondo. Ma oggi non esistono più le vecchie zie, e soprattutto pretendiamo che anche i giovani parlamentari come Caruso conoscano la differenza fra una guerra (in cui è importante lo «scambio di prigionieri») e lo Stato di Diritto in cui il primato della Legge (con tanto di iniziale maiuscola come nelle lapidi dei tribunali) non permette di considerare una condanna come la cattura d’un combattente da parte d’un esercito avversario. Se l’on. Caruso è legato a questa idea, forse ha sbagliato indirizzo entrando a Montecitorio. Anche se la sua frase è semplicemente frutto di un’esagerazione ideata al solo scopo di esprimere un sentimento di vicinanza a tanti derelitti, Caruso dovrebbe essere invitato a darsi una calmata. Purtroppo non sappiamo da chi. (Il presidente della Camera è del suo stesso partito.) Come capo storico dei «disobbedienti» italiani, Caruso si trova nell’imbarazzante posizione di legiferare, ovvero di imporre delle norme che lui stesso dovrebbe rifiutare per principio come ribelle in ferma permanente. Anche la disobbedienza può essere in tanti casi una virtù. Se diventa vizio, neppure le vecchie zie riuscirebbero a cancellarlo. La Giustizia dev’essere rapida per essere giusta, ma a troppi fa comodo così come è oggi.