21 gennaio 2010

Un commento sul "Ponte"

Rimini nel 1986 è la capitale italiana del lavoro nero, per la rivista dell'INPS. "La Stampa" nel 1987 dopo i 13 operai (8 non in regola) morti nel porto di Ravenna, accusa tutta la costa romagnola, con "quel miscuglio di arretratezza e sviluppo che ha prodotto un business tra i più importanti". Ed aggiunge: "la capitale riconosciuta di quest'area è Rimini". Tra gli operai morti, un egiziano di 32 anni che dormiva in uno stabilimento balneare a Cesenatico. Negli stessi giorni, in via Cormons, in pieno centro della Marina di Rimini, la polizia scopre 34 senegalesi che trascorrevano le notti in due stanzette.

I problemi ci sono, il nostro giornale non li ha mai nascosti. Dopo il caso di Ravenna, Renzo Gradara scrive che "di lavoro si può morire, oggi più di ieri". Ai funerali, l'arcivescovo Tonini parla di gente condannata "al ricatto: o disoccupato o uomo inutile o prendere quello che ti viene dato". Nel settembre 2006 il mensile "Tre" racconta: "Gli immigrati superano i locali nell'avvio di nuove attività". Venne da pensare ad investimenti mafiosi internazionali.

Scoprire oggi questi problemi come riflesso di altri drammi, parlare di "Rimini peggio di Rosarno" ("civetta" del "Carlino" del 19), è doppiamente fuorviante. Si considera la città occupata dalla mafia o dalla camorra. Il collega Curatola si chiede su Rosarno: "Possibile che nessuno sapesse?". In Romagna si sa. E si opera. Il polverone serve a far scendere una notte in cui tutto è buio. Dare notizie è il nostro mestiere. Inventarsi uno strillo così, "Rimini peggio di Rosarno", è un facile giochetto politico che nuoce alla verità. (a. m.)

Testo pubblicato su "il Ponte" di Rimini, n. 7, in edicola dal 22 e datato 24.01.2010.