Autogol di Bersani e del governo
La vertenza con i taxisti non è finita in pareggio, come crede il ministro Bersani, ma con un doppio autogol. Il governo si è dovuto arrendere davanti alle violente proteste sindacali, culminate a Roma nelle botte ad un giornalista. La seconda rete è stata incassata sul piano generale. Il governo aveva sfidato tutto e tutti: adesso vi facciamo vedere chi siamo. Gli esperti prima hanno commentato che le liberalizzazioni le avrebbe dovute fare Berlusconi, per cui se Prodi realizza un programma studiato su quello del signore di Arcore, qualche dubbio viene circa la fantasia di chi ha vinto le elezioni. Poi, sempre gli esperti hanno dimostrato che il decreto-Bersani rischia di ottenere effetti opposti a quelli che si era prefissato. Si vedano le critiche anche da Sinistra per le tariffe legali.
Dietro le quinte si sta muovendo qualcosa che rassomiglia ad una lenta cottura del premier. Enrico Letta ha detto: occorre convincere i moderati per allargare la maggioranza. Nelle stesse ore dalle sponde dell’opposizione Giulio Tremonti chiamava Forza Italia e Ds a scaldarsi per scendere in campo con la Grande Coalizione. Forse a Romano Prodi risulterà utile l’accordo con i taxisti. Viene il dubbio che molti dei suoi alleati sognino per lui a breve il viaggio di ritorno a Bologna.
Tutto dipenderà dal ruolo che vorrà svolgere il presidente della Repubblica, una cui intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung ha provocato qualche apprensione nel Centro-sinistra. Al quale Napolitano ha fatto sapere che se la maggioranza di governo non fosse stata coesa sulla questione della missione afgana, ci sarebbero state «delle conseguenze» sul piano politico. La frase ha entusiasmato molti commentatori, non soltanto d’opposizione. Marcello Sorgi sulla Stampa ha scritto che siamo di fronte ad una novità non di poco conto: un presidente «politico» che «considera un suo preciso dovere influire sull’indirizzo e le strategie del Paese».
Nell’intervista Napolitano ha ribadito la nostra amicizia con gli Usa quale pilastro della politica estera, aggiungendo: «Fin dagli anni ’70 anche il più grande partito di opposizione, il partito comunista, lo aveva riconosciuto». Non sappiamo se la citazione da libro di Storia di Napolitano sia un ironico commento sul presente (c’è gente che non comprende ora quello che noi avevamo capìto molti anni fa), oppure un inconscio richiamo ad un primato del Pci anche dopo la sua fine.
Dietro le quinte si sta muovendo qualcosa che rassomiglia ad una lenta cottura del premier. Enrico Letta ha detto: occorre convincere i moderati per allargare la maggioranza. Nelle stesse ore dalle sponde dell’opposizione Giulio Tremonti chiamava Forza Italia e Ds a scaldarsi per scendere in campo con la Grande Coalizione. Forse a Romano Prodi risulterà utile l’accordo con i taxisti. Viene il dubbio che molti dei suoi alleati sognino per lui a breve il viaggio di ritorno a Bologna.
Tutto dipenderà dal ruolo che vorrà svolgere il presidente della Repubblica, una cui intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung ha provocato qualche apprensione nel Centro-sinistra. Al quale Napolitano ha fatto sapere che se la maggioranza di governo non fosse stata coesa sulla questione della missione afgana, ci sarebbero state «delle conseguenze» sul piano politico. La frase ha entusiasmato molti commentatori, non soltanto d’opposizione. Marcello Sorgi sulla Stampa ha scritto che siamo di fronte ad una novità non di poco conto: un presidente «politico» che «considera un suo preciso dovere influire sull’indirizzo e le strategie del Paese».
Nell’intervista Napolitano ha ribadito la nostra amicizia con gli Usa quale pilastro della politica estera, aggiungendo: «Fin dagli anni ’70 anche il più grande partito di opposizione, il partito comunista, lo aveva riconosciuto». Non sappiamo se la citazione da libro di Storia di Napolitano sia un ironico commento sul presente (c’è gente che non comprende ora quello che noi avevamo capìto molti anni fa), oppure un inconscio richiamo ad un primato del Pci anche dopo la sua fine.
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