28 marzo 2007

Crustumium, l'Atlantide di Cattolica

Sabato 31 marzo al Teatro Snaporaz di Cattolica, alle ore 10, avverrà la presentazione del volume di Cristina Ravara Montebelli, «Crustumium. Archeologia adriatica fra Cattolica e San Giovanni in Marignano» (edizioni L’ERMA di Bretschneider, Roma) e della carta archeologica del territorio elaborata da Joseph Franzò.

Nel volume e nella carta sono contenuti i primi risultati del lavoro svolto dal team di ricercatori coordinato dalla prof. Maria Lucia De Nicolò (Università di Bologna), nell’ambito del progetto ADRIAS KOLPOS, promosso dalla Provincia di Rimini.

Della squadra diretta dalla De Nicolò fanno parte anche Francesca Fiori, Benedetto Gugliotta, Nicoletta Biondi, Laura Ballante, Maura Silvagni, Paola Novara. Il progetto ADRIAS KOLPOS, ideato dal prof. Lorenzo Braccesi mira a conoscere e valorizzare il patrimonio dell’area adriatica.

Il Comune di Cattolica figura fra i partner italiani (Provincia di Rimini, Provincia di Ravenna, Comune di Rimini), mentre fra i partner stranieri si contano il comune di Dubrovnik, le Università di Spalato, Serajevo e Parendo, il museo di Tuzla.


[Testo ricavato dal comunicato ufficiale di Gigliola Casadei, sul sito del Comune di Cattolica.]

Per saperne di più sulla mitica «Crustumium» leggiamo sul web questa pagina di Angela Barlotti: «Da centinaia di anni, moltissime persone che hanno solcato le acque nei pressi di Cattolica, giurano di aver visto sott'acqua a poche miglia dalla costa, soprattutto con il mare calmo e la bassa marea, resti di mura e di torri. I pescatori e tutta la popolazione della zona sostengono che si tratti di una millenaria città sommersa da un cataclisma».

Il testo prosegue qui: www.politicaonline.net/forum/ Nella foto, la copertina del volume di Cristina Ravara Montebelli.

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26 marzo 2007

Avevo ragione...



Avevo ragione a scrivere lo
scorso settembre che «a Rimini diventa sempre più pericoloso scrivere per le insidie mafiose già dimostrate» a mio danno.
Nei giorni scorsi è successo questo: un quotidiano di Rimini ha pubblicato a piena pagina un servizio per demolire la tesi della biblioteca malatestiana di San Francesco come prima biblioteca pubblica d'Italia.

Gli strali di un anonimo «erudito» non si sono diretti al fatto che quella biblioteca sia stata (come è stata) appunto la prima  biblioteca pubblica italiana, ma alla esistenza stessa della biblioteca malatestiana di San Francesco.
Insomma per lui (l'«erudito» misterioso) sarebbe una tipica «patacata» riminese sostenere che nella seconda metà del 1400 a Rimini c'era la biblioteca malatestiana di San Francesco.

Ho telefonato a quel giornale, non sono riuscito a parlare con il suo direttore, ma soltanto con un redattore.
Al quale ho spiegato:
1. che non ho copiato dall'autore indicato dall'anonimo «erudito» (volume del 2004);
2. che io e l'autore del volume del 2004 abbiamo attinto alle stesse fonti del 1800 e prima, etc.;
3. che per correttezza dal giornale avrebbero dovuto chiamarmi al telefono prima di pubblicare un articolo «contro» di me, ma ideato per colpire (per altra vicenda e polemica) l'autore di quel libro;
4. che esisterebbero anche gli estremi per una querela per diffamazione (nell'articolo appunto si scrive che io ho copiato etc., e che mi sono inventato la biblioteca malatestiana di San Francesco).
Ho dichiarato al redattore del quotidiano che l'anonimo autore del cosiddetto «libello» (detto semplicemente, una mail...), non merita risposta. Costui si presenta mascherandosi come «Gian Filippo Asinari di San Martino».

Lo stesso quotidiano ha poi dovuto far marcia indietro, anche se ha cercato di salvarsi la faccia scrivendo nel titolo che «il dubbio rimane», pure con i pareri riportati che sono tutti a favore dell'esistenza della biblioteca francescana. Ovviamente.

A questo punto non mi resta che ricordare un fatto: la persona
che due anni fa mi ha diffamato via Internet dovrà risponderne in tribunale.
Siccome non ho voglia di perdere tempo dietro alle sciocchezze, lascio
«Gian Filippo Asinari di San Martino» (che so ben chi è) nella sua sapienza enciclopedica, ed io mi faccio gli affari miei, dato che lui non si fa i suoi e viene a scocciare il sottoscritto. Amen.

Questo testo si legge anche qui: ilrimino.blogs.it,
oppure qui:
ilrimino.livejournal.com.

19 marzo 2007

Blog sul sito della Provincia

Presento mio blog personale sul sito della Provincia di Rimini:
blog.riviera.rimini.it/antonio_montanari

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Europa, una vocazione per Rimini

Il 25 marzo 1957 la radio trasmise la cronaca della firma dei Trattati di Roma con i quali nasceva l’Europa unita, costituita da sei Stati: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo ed Olanda. Ne avevo letto l’annuncio sul «Corriere della Sera», la Sacra Bibbia del conservatorismo politico, sintetizzabile con la famosa risposta che il suo mitico direttore di allora, Mario Missiroli, dette a chi gli suggeriva di trattare un certo argomento: «Per farlo, bisognerebbe avere a disposizione un giornale».
L’Europa che nasceva quel giorno a Roma era la realizzazione di un sogno politico diretto ad aprire nuovi orizzonti in un continente che, nel corso del Novecento, era stato ripetutamente ferito e distrutto dalle rivalità fra i Paesi nel segno di primati politici ed economici. La mia generazione (avevo quasi quindici anni), venuta al mondo proprio durante la seconda guerra mondiale, aveva motivo di nutrire una sincera speranza che i drammi di quelle precedenti non si ripetessero più. Finora fortunatamente è stato così.
Rimini nel 1957 già da tempo era una città con forte connotazione cosmopolita. La sua tradizione turistica l’aveva aperta allo scambio anche culturale con i popoli del continente. All’indomani della conclusione del conflitto durato dal 1939 al 1945, Rimini riprese ad accogliere ospiti dei Paesi europei con uno slancio simile a quello dell’effimero «miracolo economico» del resto d’Italia, ma con in più la certezza di rispondere ad una propria vocazione imprenditoriale ben salda anche dopo i momenti più bui. Vocazione che faceva dell’incontro con cittadini provenienti da Paesi diversi non soltanto lo strumento della propria ricchezza, ma anche l’occasione di sperare nella costruzione dell’unità politica del continente.
Nel 1980 il compianto prof. Giancarlo Susini, docente di Storia all’Università di Bologna, definiva Rimini una città «aperta» perché lungo i secoli ha tenuto le fila con l’Oriente e con il mondo per le vie del mare. Senza essere mai levantina, aggiungeva, in essa «qualche suo campanile si leva su come un minareto».
L’Europa di oggi guarda ad Oriente per fare del Mediterraneo il mare «nostro» non nel senso antico del termine usato dai Romani, ma in quello moderno di una comunanza di interessi ed intenti di tutte le popolazioni che vi si affacciano. In questo contesto e secondo queste prospettive, l’esperienza storica di Rimini ne fa una città antesignana dell’europeismo in virtù di un’esperienza che addirittura risale alla metà del Quattrocento. L’allora signore della città, Sigismondo Pandolfo Malatesti, ci ha lasciato un simbolo non soltanto della sua azione ma anche dei suoi progetti politici che sentiamo come nostri contemporanei. Mi riferisco al Tempio il quale racconta il senso della continuità storica del bacino mediterraneo, fatta di sintesi unificatrice che privilegia l’accordo, l’identificazione, il riconoscimento di ciò che è comune, mentre l’analisi strettamente geografica delle singole entità territoriali tende a dividere ed a contrapporre.
Se ripercorriamo pure le vicende culturali dei secoli successivi a quello di Sigismondo, vediamo un respiro non provinciale nelle nostre terre, anzi una prospettiva aperta allo scambio con le menti migliori dell’Europa. Citerò soltanto due esempi. Nel 1680 Marcello Malpighi invia da Bologna alla accademia londinese della Royal Society (di cui è socio), la copia di un testo scientifico pubblicato due anni prima da un uno studioso nato nel 1647 nella diocesi di Rimini, Giuseppe Antonio Barbari. Quel libro è ancor oggi a Londra, presso la British Library. Nel secolo successivo il nome del medico e scienziato riminese Giovanni Bianchi (1693-1775) gira per l’Europa soprattutto grazie ad un suo libro del 1739 dedicato alle conchiglie «poco note» ritrovate in riva al nostro mare.
Per riassumere l’ideale collocazione di Rimini nella storia degli ultimi secoli, ricorro al titolo di un volume («il Mulino», 1984) dedicato a Renato Serra: «Tra provincia ed Europa». Quell’Europa che non deve restare soltanto una moneta comune, ma pure una storia condivisa per lasciare a chi verrà dopo di noi qualcosa di più delle nostre speranze.
Antonio Montanari


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08 marzo 2007

Capo dello Stato? No, sei disabile


Capo dello Stato? No, sei disabile. Succede a San Marino, dove i capi di Stato sono due, si chiamano Reggenti e durano in carica sei mesi.
Mirko Tomassoni era candidato per il semestre che si inaugura il primo aprile 2007. Lo hanno scartato. Non può accedere al trono della Eccellentissima Reggenza con la carrozzina su cui deve muoversi. Quindi non può governare. Semplice, no?
San Marino con orgoglio si proclama «L'antica terra della Libertà».
Ovviamente sei «libero» soltanto se sei libero anche di muoverti. Come invece non può fare Mirko Tomassoni. Che quindi tanto «libero» benché sammarinese non è.

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