27 febbraio 2008

Gravina, Italia

Palazzi_orsini_gravina_citta Ogni fatto diventa sempre simbolo di un aspetto che è lontano dal fatto stesso in sé. Prendiamo la morte atroce dei due fratellini di Gravina. Li hanno ritrovati per caso.
Li avevano cercati dappertutto, si diceva. Dappertutto, davvero? Anche lì dove poi per caso li hanno scoperti.
Senza incolpare nessuno, possiamo porci delle domande:
1. E' ammissibile che il rudere di un palazzo così pericoloso per la sua struttura interna e non visibile, sia lasciato accessibile ai giochi dei bambini?
2. Chi è ne è proprietario con i connessi obblighi di legge per la pubblica sicurezza?
3. Quando il palazzo è stato visitato dagli inquirenti, è stata data un'occhiata superficiale o davanti a quel pozzo di 20 metri si è scesi visitando pure gli spazi ad esso collegati dove sono finiti i due fratellini?
4. Le ricerche sono state svolte anche in Romania dietro suggerimento di protagonisti autorevoli della vita cittadina. In base a quali elementi era stato presentato agli inquirenti quel suggerimento?
5. Se quel suggerimento fosse stato presentato da un normale cittadino e non da quei protagonisti autorevoli, quel cittadino ora sarebbe interrogato in maniera stringente?

A dimostrazione che "tutto il mondo è paese", ripubblico il post del 3 ottobre 2006, "I misteri di Rimini: "L'estate scorsa si erano dimenticati un cadavere in cella frigorifera all'obitorio, e ne cercavano due in mare e lungo il fiume... Adesso sapevano qualcosa dai vicini (cattivo odore...) di una casa in cui abitava una vecchia madre con due figli assistiti dai servizi psichiatrici. Dopo ferragosto i vigili sono andati, i figli hanno resistito nel silenzio. Ieri i medici ci hanno riprovato, dopo altre sollecitazioni dei vicini (quel cattivo odore...) e con l'aiuto della polizia. Morale della favola. La povera mamma era già uno scheletro. I figli aspettavano la resurrezione del suo corpo. Le autorità competenti forse anche loro".
Aggiungo soltanto che anche per la povera donna dimenticata in obitorio, il ritrovamento è stato reso possibile per l'intervento di alcuni vicini. Presi da curiosità, si sono recati all'ospedale ed hanno chiesto di vedere dentro le celle frigorifere...

23 febbraio 2008

Il maestro dalla penna ex rossa

23022008postBertinotti, Binetti, Bonino... Cominciano tutti con la lettera "b", i loro cognomi, ma all'appello del maestro, l'allievo Bertinotti non può rispondere. Gli altri sono in classe con tanto di giustificazione o raccomandazione che dir si voglia.

Invece Bertinotti è stato parcheggiato in qualche corridoio, nascosto alla vista della classe, perché potrebbe infastidire od indurre in tentazione con la cattiva compagnia con cui si ritrova.



Il maestro dalla penna ex rossa, Walter Veltroni, fa l'appello e pensa che prima di Bertinotti c'è un altro cognome con la lettera "b" che tanto avrebbe voluto nel suo registro, Berlusconi Silvio, ma lui non frequenta la scuola pubblica.

Un maestro privato va a casa sua tutte le mattine, gli fa recitare le orazioni, mica perché il maestro creda in Dio, ma soltanto perché così il buon Silvio può presentarsi da bravo cristiano per ricevere il meritato suffragio elettorale dalle folle oceaniche dei gazebo. E può apparire nel Tg5 (è successo anche oggi), nella gigantografia con il cupolone di San Pietro sullo sfondo come surrogato mediatico di chi sotto quel cupolone ci abita.



Il maestro Veltroni non può distrarsi in classe, perché quelle due allieve Binetti e Bonino non sono mica tanto docili. Non si sono tirate i capelli sinora, ma sono pronte a farsi qualche sgambetto.

La Binetti è molto attenta alle spiegazioni del maestro, scuote la testa, e sussurra: mica sono scema, alludendo a quella compagna di banco con cui ha poco o nulla da spartire se non la poca luce che viene dalla finestra.



L'allieva Bonino è stata accompagna a scuola dal padre putativo, Marco Pannella, di cui una volta si diceva, a casa di Veltroni, che se i comunisti mangiavano i bambini, i radicali ingoiavano in un solo boccone mamma e papà di quei bambini lasciati incustoditi sino all'arrivo dei famelici compagni.



Ci scommetto che un giorno o l'altro l'allieva Binetti farà partire dai suoi amici, uno di quei fulmini che sono capaci di "ruinare" un bel pomeriggio di sole e di festa.

L'allieva Binetti è molto timida, una ragazzina seria, ma sapeste com'è corteggiata. Le dicono, papale papale, di prender su e d'andarsene via dalla classe del maestro Veltroni. Attenta che quello vi porta tutti alla scomunica. Pensate a chi ha fatto entrare in classe: ... quel signore attempato di Milano, come si chiama, ah sì, Veronesi: un miscredente, un ateo non devoto, uno scienziato soprattutto, pericoloso perché usa la testa, chissà che cosa combinerà...



Lei sa che è così (si dichiara "perplessa, smarrita e preoccupata"). Ma sotto i baffetti ride. "Buoni, buoni: lo frego io. Vedrete che batosta avrà sulla pagella elettorale il maestro Veltroni grazie alla mia presenza qui, nella sua classe".

Sul telefonino della Binetti arriva il messaggio del vescovo Antonio Lanfranchi, commissario Cei per l’evangelizzazione. Se la prende con "i 'testimonial' antiecclesiali che hanno sempre fatto battaglie contro i valori cristiani". L'alunno Veronesi con tratto delicato dice al maestro: "Non sono un anticristo militante". Lui gli risponde: "Bravo, continua così". Ma per il rumore della scolaresca e della campanella che suona, non ha neppure ascoltato le parole dell'alunno Veronesi.

[Anno III, post n. 59 (436)]

FONTE


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15 febbraio 2008

Giuliano Ferrara, beato lui


Beato lui, Giuliano Ferrara, che ha trovato la "verità sulla vita umana", e si rifiuta di discuterne o discuterla. I confronti sono futili, dice. Si sottrae al dibattito. Però chiede che gli sia consentita la 'par condicio' prevista dalla legge per le elezioni. Alle quali si candida con questa lista che ha inventato, per fermare la strage degli aborti nel mondo. Beato lui, che non s'accorge di un piccolo fatto: non riescono a governare l'Italia, i nostri due rami del Parlamento, e dovrebbero pure pensare a risistemare il mondo. «Senza fanatismo», dice di aver trovato questa verità. Ma con fanatismo sembra difenderla. È un suo diritto. Credo che però risulterebbe più efficace nella esposizione, se avesse la buona volontà, non dico l'umiltà, di sottostare alla regola del pubblico dibattito televisivo. Lo vuole fare in un teatro, perché la tivù rovina tutto: "Io non discuterò della vita umana, come se fosse un'opinione, con alcun candidato in tv. La tv è antiveritativa. Un bel mezzo per comunicare, rispettabile e fatto da persone rispettabili, tra cui io stesso fino a ieri. Ma sul ponte di Messina o sull'Ici valgono le opinioni, sulla vita umana e l'amore vale la solitaria e pubblica ricerca della verità". Sembrano parole di Antonio Ricci, il Maestro di "Striscia la notizia", il teorico del "tutto finto" in tv. Beato lui, Giuliano Ferrara che se ne va sicuro, senza curarsi delle ombre che proiettiamo sui nostri muri. Come suggeriva Eugenio Montale in una celebre poesia, "Non chiederci la parola". Non ci chieda Ferrara alcuna parola in più. Si resta senza, quando lui comincia le sue filippiche (come l'altra sera da Lerner) e rifiuta la discussione. Stamani su RaiUno ha evitato il futile dibattito con il vecchio Marco Pannella, leone in gabbia, defraudato del confronto. Alla fine Pannella è esploso con quelle dichiarazione che nascono da una passione pari a quella di Ferrara. Ecco perché dispiace ancora di più che Ferrara abbia voluto non misurarsi con un antico maestro dell'arte retorica in politica. È sembrato, Ferrara, un giovincello schizzinoso quale invece non è, e che rifiutava di riconoscersi allievo di quel maestro. Magari in debito di un gratitudine. Insomma, problemi psicologici o psicoanalitici, da figlio che voleva (davanti al 'padre' spirituale) tentare di superarlo e di demolirlo? Siamo entrati nell'era delle affermazioni apodittiche. Berlusconi ha tranquillamente potuto dire da Vespa che lui e don Verzé studiano per allungare la vita umana a 120 anni. Commenterebbe Ferrara che non è, quella del cavaliere, un'affermazione vera perché fatta in tv. Su questo siamo d'accordo con lui: è una balla. Ma quando se ne dicono di tale portata, chi ha obbligo d'intervenire per difendere non quella che Ferrara chiama la "verità sulla vita", ma la decenza della logica scientifica usata come un belletto in carnevale da fanciulle avvizzite e dalla virtù ormai dimenticata? Anno III, post n. 50 (427)
http://antoniomontanarinozzoli.blog.lastampa.it/antoniomontanari/