Ha vinto la democrazia
Chi ha vinto? Ha vinto la democrazia partecipata, non quella arruffona dei capipopolo, neppure quella arzigogolata delle segreterie politiche dei partiti. Siamo andati a votare in tanti per giudicare la riforma della Costituzione. Non abbiamo rinunciato al diritto della scheda ed al dovere di recarci ai seggi. Il precedente governo non ha voluto che ci fosse il «giorno delle elezioni» (lo dico in italiano, loro lo dicevano in inglese). Poi i suoi esponenti finiti all'opposizione si sono lamentati delle continue chiamate alle urne. Ha vinto la consapevolezza che il popolo è sovrano, anche se le cronache hanno fatto di tutto per confondere le idee alla gente. L'attuale opposizione alla fine su qualcosa è riuscita a convincere anche il presente governo: si ridurranno (in futuro) i numeri di senatori e deputati. Calcolatrice alla mano, non servirà a nulla. Lo dicono gli esperti.
L'attenzione dell'elettorato è stata distolta da scandali a ripetizione (dal calcio alla sanità) e dai mondiali del pallone. Ma alla fine la gente non si è fatta distrarre. La partecipazione a questo voto dovrebbe spingere tutti, vincitori e vinti, ad essere non suscettibili come le fanciulle che vanno in tivù sospinte da qualche protettore, e poi si mettono a strillare: giù le mani dal mio onore, mi sono fatta strada soltanto con le mie qualità artistiche. La vicenda delle vallette di partito ha visto alla ribalta un po' mesta ed un po' carogna personaggi di tutti i tipi. Anche uno che avrebbe potuto essere il re di quest'Italia che suo nonno aveva contribuito a rovinare. Il contorno della regal compagnia era ridicolo, non squallido, come si voleva far diventare all'insegna del tutti siamo come loro.
Anche il voto di questo referendum ha dimostrato che essere furbi in politica non è né una colpa né un merito, è semplicemente una disgrazia collettiva che dovremmo evitarci. La gente ha voluto fare sentire la propria voce, come alle primarie del Centro-sinistra. E lo avrebbe fatto con consapevolezza anche per il Centro-destra, se le avessero organizzate. Una democrazia si regge sul confronto. Che si fa a voce alta o bassa, ma si fa. L'Italia repubblicana si era avviata sulla strada del ridicolo, con qualcuno che pretendeva d'instaurare una specie di monarchia mascherata non prevista dalla Costituzione, mediante la figura di un primo ministro tipo amministratore delegato che odia le persone normali e tratta il mondo come un ininterrotto spettacolo comico.
L'attenzione dell'elettorato è stata distolta da scandali a ripetizione (dal calcio alla sanità) e dai mondiali del pallone. Ma alla fine la gente non si è fatta distrarre. La partecipazione a questo voto dovrebbe spingere tutti, vincitori e vinti, ad essere non suscettibili come le fanciulle che vanno in tivù sospinte da qualche protettore, e poi si mettono a strillare: giù le mani dal mio onore, mi sono fatta strada soltanto con le mie qualità artistiche. La vicenda delle vallette di partito ha visto alla ribalta un po' mesta ed un po' carogna personaggi di tutti i tipi. Anche uno che avrebbe potuto essere il re di quest'Italia che suo nonno aveva contribuito a rovinare. Il contorno della regal compagnia era ridicolo, non squallido, come si voleva far diventare all'insegna del tutti siamo come loro.
Anche il voto di questo referendum ha dimostrato che essere furbi in politica non è né una colpa né un merito, è semplicemente una disgrazia collettiva che dovremmo evitarci. La gente ha voluto fare sentire la propria voce, come alle primarie del Centro-sinistra. E lo avrebbe fatto con consapevolezza anche per il Centro-destra, se le avessero organizzate. Una democrazia si regge sul confronto. Che si fa a voce alta o bassa, ma si fa. L'Italia repubblicana si era avviata sulla strada del ridicolo, con qualcuno che pretendeva d'instaurare una specie di monarchia mascherata non prevista dalla Costituzione, mediante la figura di un primo ministro tipo amministratore delegato che odia le persone normali e tratta il mondo come un ininterrotto spettacolo comico.