La Repubblica del 2 giugno
Abbiamo festeggiato la sessantesima ricorrenza del 2 giugno 1946. Il dramma dei giorni successivi è finito nel comodo dimenticatoio dei posteri che non vogliono grane. Figurarsi, la televisione di Stato ha mobilitato Fabrizio Frizzi.
Alle 18 del 10 giugno 1946, i venti giudici della Cassazione rimandano ad altra adunanza il giudizio definitivo sul referendum istituzionale del 2 giugno, cioè la scelta tra monarchia e repubblica. Dal 12 sera il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi esercita «le funzioni» ma non i poteri di capo dello Stato. Il 13 il re Umberto II ha la buona idea di andarsene dall'Italia. La monarchia era rimasta sepolta sotto le macerie della guerra voluta da Mussolini e supinamente accettata da «Sciaboletta», Vittorio Emanuele III. Il giorno prima i monarchici del Sud hanno fatto 11 morti. I dati definitivi del referendum arrivano il 18 giugno. Per 453.506 voti vince la repubblica (quasi un milione e mezzo quelli nulli). Indro Montanelli definisce «incolpevole» Umberto II. Non so. Di certo inetto. Dette miglior prova sua moglie Maria José.
Un ascoltatore di Primapagina (Radiotre) ha detto che metà degli italiani ha confuso il 2 giugno con il 4 novembre. Ha ragione. Le sfilate armate ai Fori imperiali non possono recuperare sofferenze, tensioni e sogni di quei giorni. E rappresentare il senso della Repubblica e della Costituzione. Ho un bisnonno di Treviso che combatté nel Risorgimento da ufficiale. Quindi, nulla di personale con la categoria militare. Anche sul 4 novembre ci sarebbe qualcosa da dire. La festa della Vittoria è stata trasformata per motivi europeistici in quella delle forze armate. Ma pure per le forze armate occorrerebbe elencare i dolori a cui furono mandate incontro per colpa degli alti comandi nel 1915-18, della storia dell'armistizio fatto in segreto e poi annunciato dai vecchi nemici e nuovi alleati la sera dell'8 settembre 1943 e della fuga del re da Roma il 9. L'ora delle indecisioni era suonata.
Un'altra cosa non capisco. Nella Repubblica fondata sul lavoro, il 2 giugno si fanno cavalieri e grand'ufficiali un'infinità di persone che spesso altro titolo non hanno se non l'amicizia con questo o quel politico di turno. Non ricordo di aver visto mai decorato un lavoratore ammalatosi in fabbrica perché non erano state rispettate le leggi di tutela della salute. O deceduto per quelle che una volta si chiamavano le «morti bianche», ovvero incidenti sul lavoro.
Alle 18 del 10 giugno 1946, i venti giudici della Cassazione rimandano ad altra adunanza il giudizio definitivo sul referendum istituzionale del 2 giugno, cioè la scelta tra monarchia e repubblica. Dal 12 sera il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi esercita «le funzioni» ma non i poteri di capo dello Stato. Il 13 il re Umberto II ha la buona idea di andarsene dall'Italia. La monarchia era rimasta sepolta sotto le macerie della guerra voluta da Mussolini e supinamente accettata da «Sciaboletta», Vittorio Emanuele III. Il giorno prima i monarchici del Sud hanno fatto 11 morti. I dati definitivi del referendum arrivano il 18 giugno. Per 453.506 voti vince la repubblica (quasi un milione e mezzo quelli nulli). Indro Montanelli definisce «incolpevole» Umberto II. Non so. Di certo inetto. Dette miglior prova sua moglie Maria José.
Un ascoltatore di Primapagina (Radiotre) ha detto che metà degli italiani ha confuso il 2 giugno con il 4 novembre. Ha ragione. Le sfilate armate ai Fori imperiali non possono recuperare sofferenze, tensioni e sogni di quei giorni. E rappresentare il senso della Repubblica e della Costituzione. Ho un bisnonno di Treviso che combatté nel Risorgimento da ufficiale. Quindi, nulla di personale con la categoria militare. Anche sul 4 novembre ci sarebbe qualcosa da dire. La festa della Vittoria è stata trasformata per motivi europeistici in quella delle forze armate. Ma pure per le forze armate occorrerebbe elencare i dolori a cui furono mandate incontro per colpa degli alti comandi nel 1915-18, della storia dell'armistizio fatto in segreto e poi annunciato dai vecchi nemici e nuovi alleati la sera dell'8 settembre 1943 e della fuga del re da Roma il 9. L'ora delle indecisioni era suonata.
Un'altra cosa non capisco. Nella Repubblica fondata sul lavoro, il 2 giugno si fanno cavalieri e grand'ufficiali un'infinità di persone che spesso altro titolo non hanno se non l'amicizia con questo o quel politico di turno. Non ricordo di aver visto mai decorato un lavoratore ammalatosi in fabbrica perché non erano state rispettate le leggi di tutela della salute. O deceduto per quelle che una volta si chiamavano le «morti bianche», ovvero incidenti sul lavoro.
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