Piazzisti italici
Una delle regole d’oro del giornalismo italiano, è che le migliori opinioni pubblicate sono quelle di scrittori o di intellettuali stranieri. I connazionali si trastullano solitamente con dispute astiose e banali, facendo perdere tempo prezioso ai lettori. Quelli esteri, educati a dire molto in poco spazio, arrivano al nodo dei problemi senza gli inutili giri di parole che noi abbiamo ereditato da una deteriore cultura barocca che nascondeva la sottomissione al potere nelle nuvole colorate di frasi inutili ma d’effetto.
Quella stessa cultura (bagnata come un biscottino gustoso negli avanzi di certa baloccona filosofia ottocentesca), è utilizzata dai nostri intellettuali per parlarsi addosso e per attribuirsi un ruolo di giudici supremi, colloquiando tra pochi colleghi con fastidiose strizzatine d’occhio. Con le quali essi fanno sapere a tutti di essere i sapienti indispensabili senza i quali noialtri poveri ignoranti non comprenderemmo nulla.
«Un mondo ricco con tanti poveri» è il titolo di un articolo pubblicato oggi 10 settembre 2006 non da un giornale di Sinistra più o meno radicale (come si dice oggi), ma dal quotidiano (conservatore) della Confindustria «Il Sole-24 Ore», a firma di Joseph Stiglitz, americano, classe 1943, premio Nobel 2001 per l’economia. Vi si legge questo passo: «Stiamo diventando sempre più Paesi ricchi con gente povera», soltanto «i Paesi scandinavi hanno dimostrato che esiste un’altra via. Investimenti in istruzione e ricerca e una forte rete di sicurezza sociale possono dare come risultato un’economia più produttiva e competitiva» nella realtà della globalizzazione. Della quale si passano in rassegna i fallimenti come le malattie nei Paesi poveri, a causa del sistema dei brevetti sui farmaci.
Se l’ articolo del prof. Stiglitz, tratto da un volume in prossima uscita negli Usa, portasse una firma italiana, sarebbe oggetto di infamanti accuse di estremismo.
L’autorità di Stiglitz in campo scientifico (è stato vicepresidente della Banca mondiale) non può essere discussa. Grazie ad essa i suoi pareri sono materia di studio. Se confrontiamo il contesto in cui Stiglitz lavora con quello in cui viviamo noi, c’è da mettersi le mani nei capelli. Qui non si parla con cognizione di causa, si offrono pregiudizi anziché giudizi fondati sulla realtà, si urla, si offende. Ci si aggrappa alla ridicola arte dei piazzisti che frequentavano una volta i nostri mercati ambulanti: «Non per cento, non per cinquanta, ma vi regalo tutto».
Quella stessa cultura (bagnata come un biscottino gustoso negli avanzi di certa baloccona filosofia ottocentesca), è utilizzata dai nostri intellettuali per parlarsi addosso e per attribuirsi un ruolo di giudici supremi, colloquiando tra pochi colleghi con fastidiose strizzatine d’occhio. Con le quali essi fanno sapere a tutti di essere i sapienti indispensabili senza i quali noialtri poveri ignoranti non comprenderemmo nulla.
«Un mondo ricco con tanti poveri» è il titolo di un articolo pubblicato oggi 10 settembre 2006 non da un giornale di Sinistra più o meno radicale (come si dice oggi), ma dal quotidiano (conservatore) della Confindustria «Il Sole-24 Ore», a firma di Joseph Stiglitz, americano, classe 1943, premio Nobel 2001 per l’economia. Vi si legge questo passo: «Stiamo diventando sempre più Paesi ricchi con gente povera», soltanto «i Paesi scandinavi hanno dimostrato che esiste un’altra via. Investimenti in istruzione e ricerca e una forte rete di sicurezza sociale possono dare come risultato un’economia più produttiva e competitiva» nella realtà della globalizzazione. Della quale si passano in rassegna i fallimenti come le malattie nei Paesi poveri, a causa del sistema dei brevetti sui farmaci.
Se l’ articolo del prof. Stiglitz, tratto da un volume in prossima uscita negli Usa, portasse una firma italiana, sarebbe oggetto di infamanti accuse di estremismo.
L’autorità di Stiglitz in campo scientifico (è stato vicepresidente della Banca mondiale) non può essere discussa. Grazie ad essa i suoi pareri sono materia di studio. Se confrontiamo il contesto in cui Stiglitz lavora con quello in cui viviamo noi, c’è da mettersi le mani nei capelli. Qui non si parla con cognizione di causa, si offrono pregiudizi anziché giudizi fondati sulla realtà, si urla, si offende. Ci si aggrappa alla ridicola arte dei piazzisti che frequentavano una volta i nostri mercati ambulanti: «Non per cento, non per cinquanta, ma vi regalo tutto».
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