25 ottobre 2007

Divieto di sosta

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Prima o poi per Romano Prodi scatta il divieto di sosta a palazzo Chigi. Difficile rincorrere la cronaca. Ascolti la notizia di una sconfitta della maggioranza, e dopo due forchettate di spaghetti sei già a quattro.
Stamani Guido Anselmi sulla «Stampa» faceva un impietoso quadro della situazione: «L’impopolarità senza precedenti di Prodi è la personificazione di questo problema politico che ingloba e avviluppa Palazzo Chigi, sommando la delusione e la sfiducia dell’elettorato di centro-sinistra, un elemento sociale e psicologico che sarà difficile recuperare, e la rabbia di gran parte dell’elettorato di destra».

Forse l'impopolarità di Prodi ha una componente che dovrà essere studiata. Quanto peso ha in essa la nascita del Pd? Veltroni non c’entra. Lui è li che aspetta il cambio della guardia, come i corazzieri al Quirinale. Prima o poi gli tocca. Il problema Pd è palpabile non nelle analisi degli specialisti, ma nei discorsi della gente. Chi la sa lunga della politica vissuta sulla propria pelle per decenni, dice: embé, ma questo è un partito di sinistra?

La delusione e la sfiducia di cui parla giustamente Anselmi non possono essere mascherati dal brillante risultato dei tre milioni di elettori per il Pd. Ma chi sono gli eletti? Beh, ne conosco alcuni di faccia e di profilo. Non so che ci stiano a fare con un partito di sinistra. Per ora il giochetto funziona. Tutti allegri, brindisi e complimenti, poi verranno le rogne, se si vorrà fare una politica pulita. Se si continueranno i pateracchi, come non detto, chiedo scusa.

Stamattina Michele Serra chiudeva la sua rubrica su «Repubblica» con una domanda interessante: «Perché non proviamo ad affiancare all’estenuante dibattito su come è ridotta la sinistra, anche un piccolo dibattito a latere su come è conciata la destra, poveretta?». Giusto.


Ma la destra «poveretta» sta bene così, con un padrone come il re di Arcore che batte le mani e tutti gli obbediscono. Se non ci fosse Silvius primo, gli altri che farebbero? Certa destra «poveretta» contratta in periferia quello che odia a Roma, come una volta il Pci faceva con la Dc.

Intanto il Vaticano insiste contro «Repubblica». Scrive oggi Ezio Mauro: «"Finiamola". Con questo invito che ricorda un ordine il Cardinal Segretario di Stato della Santa Sede, Tarcisio Bertone ha preso ieri pubblicamente posizione contro l'inchiesta di Repubblica sul costo della Chiesa per i contribuenti italiani, firmata da Curzio Maltese». E poi: «Finiamola? E perché? Chi lo decide? In nome di quale potestà? Forse la Santa Sede ritiene di poter bloccare il libero lavoro di un giornale a suo piacimento?».
Sono solidale con Mauro, sottoscrivendo le parole di Barbara Spinelli (sulla «Stampa» di ieri): occorre sempre «una laica separazione tra fede e politica, … una netta separazione fra cultura e politica, magistratura e politica, economia e politica».