13 giugno 2007

L'Italiaccia

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Caro Romano Prodi.
Impeccabile appare la sua dichiarazione di queste ore, con la «totale fiducia verso gli esponenti politici toccati da questa sgradevole polemica».
Lei sottolinea «ancora una volta il rispetto per l’operato dei giudici» ed auspica «la più rigorosa discrezione nel pubblicizzare aspetti privati dei singoli, distinguendo gli atteggiamenti e i comportamenti dai fatti realmente compiuti».
OK, presidente. Le stesse formule le abbiamo ascoltate nel 1992, quando s'avvicinò il tifone di «mani pulite». Fortunatamente non vedo richiedere una giustizia pronta. Quando sappiamo che è tutto il contrario.
Ma, caro professore, al cittadino che vive fuori dei circoli esclusivi della politica, il suo discorso lascia l'amaro in bocca.
Perché dev'essere «sgradevole» la polemica? Abbiamo notizie di alcuni «fatti». Essi possono essere veri o falsi, come le relative notizie.
Se è tutto vero come pare (senza reati penali, beninteso, per nessun politico coinvolto), è sgradevole tutto ciò per la gente che crede ancora in una politica ben diversa da quella che vede un palazzinaro portato agli onori della ribalta politica, quando poteva curare gli affari suoi e quelli di un qualsiasi partito di riferimento con la stessa discrezione di certe dame "allegre" che non facevano dell'alcova un palcoscenico, ma soltanto una scala per rimediare denari e prestigio partendo da posizioni sociali infime.
La virtù non è il non vendersi, sia per le dame "allegre" sia per i politici, ma ilsalvare la faccia se si è costretti a farlo.
E che faccia salvano i politici di governo di oggi che da sinistra esaltano le quotazioni della Telecom e non considerano il disastro sociale che la gestione della società ha provocato con i licenziamenti?
Vede, caro presidente, il destino è beffardo: sceglie gli uomini migliori come lei per farli agire nelle situazioni peggiori.
Lei è una degnissima persona, ma certo contorno del suo governo è da farsa. Quando il palazzinaro diventa eroe del nostro tempo anche nel tempio della politica, senza che nessuno lo scacci (fisicamente, con pedate nel sedere), ebbene allora siamo su «Scherzi a parte», non a Palazzo Chigi.
Ci hanno riproposto nei giorni scorsi il dilemma fra Italietta ed Italiona. Il Cavaliere accusa il Professore di aver ridotto la seconda alla prima. Probabilmente siamo rimasti sempre in una Italiaccia che si regge sul comico bisogno di regalare sogni di gloria e sul comportamento fra il fanatico ed il ridicolo dei suoi cittadini peggiori che non pensano mai ai doveri ma soltanto ai diritti.
L'articolo di stamane sulla Stampa del prof. Luca Ricolfi termina con queste parole: «Dal voto non emerge affatto una chiara e univoca volontà popolare, ma semmai un Paese sempre più diviso. Metà vuole meno tasse, l’altra metà vuole più spese. Un terzo spera (ancora) in Prodi, un terzo spera (di nuovo) in Berlusconi, un terzo pensa che né l’uno né l’altro ci tireranno fuori dai guai. Personalmente faccio parte dell’ultimo terzo e temo che, finché l’Italia scettica non diventerà maggioranza, nessuno avrà mai la forza per farci uscire dal guado».
Ecco abbiamo bisogno di questa «Italia scettica» e delle sue voci. Per rispondere all'Italiaccia egoista e becera che ruba sul peso, frega nelle tasse, non vuole nessuna cultura tranne quella che faccia guadagnare presto e bene con i quiz televisivi.
Una postilla locale. Un episodio del 1992: il settimanale diocesano «il Ponte» perde il suo fondatore e direttore per sedici anni don Piergiorgio Terenzi, parroco a San Lorenzo in Strada (Riccione). Il 30 agosto 1992 accanto al comunicato del vescovo che ne annuncia le «dimissioni», don Terenzi offre la sua «ultima idea di fondo» intitolandola «Elogio del somaro»: «Facciamo festa insieme, anche se, forse, con motivazioni diverse. È già quasi da un anno che attendevo questa comunicazione».
Nel settembre 1991 Terenzi ha lanciato un sospiro amaro, «Viva le tangenti!!», scrivendo: «Chi governa ha il privilegio della tangente … nel migliore dei casi a favore del partito o del gruppo politico; nel peggiore, con abbondanti creste personali». Don Terenzi ha anticipa l’inchiesta «mani pulite» avviata a Milano il 17 febbraio 1992. Passano altri due anni, ed egli è sollevato pure dalla parrocchia riccionese.
L'amico don Terenzi è stato l'unico a pagare nella mia città per la questione «tangenti».